Il decreto legge Dignità aumenta l’importo dell’indennità risarcitoria che il giudice liquida in caso di licenziamento illegittimo, stabilendo il minimo in sei mensilità e il massimo in trentasei. Precedentemente i valori erano fissati, rispettivamente, in quattro e in ventiquattro mensilità.
La delega è stata attuata dal D.Lgs 4 marzo 2015, n.23 che, all'art.3, comma 1, nel testo attualmente in vigore, stabilisce che qualora il licenziamento sia stato comminato per giustificato motivo oggettivo o per giusta causa ed il giudice accerti che non ricorrono gli estremi per il licenziamento, il giudice stesso dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il pagamento di un'indennità risarcitoria, non soggetta a contribuzione previdenziale, di importo pari a 2 mensilità dell'ultima retribuzione per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 6 e non superiore a 36 mensilità. La retribuzione da prendere in considerazione è quella utilizzata per il calcolo del trattamento di fine rapporto.
Nulla cambia, invece, se il licenziamento è stato intimato violando il requisito di motivazione o con un vizio di procedura. In tale caso, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità di importo pari a una mensilità della retribuzione utile per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a dodici mensilità, salvo che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle tutele previste per le fattispecie di maggiore gravità.